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L'Asia crea un fondo da 80 miliardi di dollari

dal nostro inviato Luca Vinciguerra

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Sabato 25 Ottobre 2008

PECHINO - L'Asia tenta una reazione congiunta contro la crisi finanziaria. Ieri, mentre le Borse d'Oriente si sgretolavano nuovamente sotto i colpi della valanga ribassista, i Governi dei Paesi membri del cosiddetto "Asean + 3" (l'Associazione che raggruppa le nazioni del Sudest asiatico più Cina, Giappone e Corea) hanno deciso di costituire un fondo da 80 miliardi di dollari per ammortizzare gli eventuali contraccolpi della crisi finanziaria internazionale sulle economie del continente.

I membri dell'Asean hanno annunciato la creazione di un paracadute anticrisi al termine di una riunione straordinaria indetta ieri mattina poco prima dell'apertura dei lavori di un altro vertice: l'Asem, il tavolo di confronto tra 27 nazioni dell'Unione Europea e 16 Paesi asiatici, che è cominciato a Pechino.

Con la montagna d'insolvenze che rischia di soffocare la finanza mondiale, un fondo da 80 miliardi di dollari forse non è una gran cosa. Ma quello che conta è il segnale: l'Asia, che dopo essere stata solo lambita dal ciclone dei mutui subprime partito da Wall Street ora sta assistendo impotente al tracollo delle Borse, non intende muoversi in ordine sparso, come accadde dieci anni fa, ma vuole opporre un fronte comune alla crisi finanziaria. Con questo spirito, i capi di Stato di Cina, Giappone e Corea del Sud hanno deciso di convocare un vertice a tre che si svolgerà ai primi di dicembre a Fukuoka.

Nonostante le difficoltà del momento, che all'improvviso hanno riportato Tigri e Dragoni del Far East ai tempi bui della crisi del 1998, al vertice Asem i leader asiatici hanno lanciato un messaggio incoraggiante alle loro controparti europee. «Nonostante il crollo della Borsa, l'economia giapponese non naviga in cattive acque», ha detto il primo ministro nipponico, Taro Aso. «Sebbene la crisi finanziaria mondiale abbia notevolmente accresciuto le incertezze e i fattori d'instabilità nello sviluppo economico del nostro Paese, i fondamentali dell'economia cinese non sono cambiati», gli ha fatto eco il presidente cinese Hu Jintao.

Ma dietro le parole rassicuranti dei leader asiatici si cela una nuova consapevolezza: il tracollo dei mercati internazionali avrà ripercussioni pesanti sull'economia. È solo questione di tempo, e il calo dei consumi negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone e in Sud America si farà sentire sulle esportazioni del Far East. Con tutto ciò che ne consegue: chiusura di fabbriche, bancarotte, disoccupazione. Fu proprio questo circolo vizioso (ma l'origine era diversa) a fare esplodere l'Indonesia dieci anni fa. Ecco perché oggi in Asia non c'è capo di Stato che non sia preoccupato per il potenziale impatto economico e sociale della crisi finanziaria.

E l'Europa? Ieri, a Pechino, per i leader del Vecchio Continente è stato il giorno del disincanto. Le parole sì rassicuranti, ma pronunciate senza troppo convinzione dai grandi dell'Asia, proprio mentre le Borse del Continente s'inabissavano, hanno tolto all'Europa una falsa certezza: che le economie dei Paesi emergenti, cresciute in modo forsennato negli ultimi anni, potessero fare da salvagente alla congiuntura mondiale.

Una congiuntura che «sta molto male», ha ammesso Nicolas Sarkozy, presente al vertice Asem nel doppio ruolo di presidente di turno dell'Unione Europea e di capo di Stato francese. Per questo motivo, i due continenti devono costituire un «fronte comune di iniziative» in vista della riunione del G-20 in programma a Washington il 15 novembre. «Dobbiamo capire come Europa e Asia possano rispondere a questa sfida. Lavorare insieme non è una scelta, è un dovere», ha aggiunto Sarkozy.

Da Pechino il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha promesso che l'Italia proporrà al vertice del G-20 una serie di misure per regolare i mercati azionari. «Ho avuto modo di presentare alcune proposte concrete che dovranno essere esaminate dal ministro dell'Economia, e ho invitato tutti a far lavorare i loro ministri dell'Economia e delle Finanze», ha detto il premier italiano al termine delle prima giornata del vertice Asem. E ha lanciato una battuta sull'ennesimo crollo delle Borse mondiali: «I mercati scendono perché è tornata la speculazione al ribasso».

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